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Galleria Fotografica - Wadi Rum
Galleria Fotografica - Petra
WADI RUM

Usciti dalla dogana, ci siamo diretti verso la fantastica zona dello Wadi Hisma (RUN) o  meglio conosciuta come Hisma Valley (Valle della Luna), un vasto territorio caratterizzato da imponenti e suggestive formazioni rocciose color ocra che emergono dalla sabbia dorata. Mentre la jeep si addentrava in quel mare di sabbia e si fermava poi accanto a quelle cattedrali di roccia, ci sentivamo pervasi da una gioia mista ad emozione... ...provavamo una gratitudine effervescente per tutto quello che ci circondava, perché potevamo camminare sulla sabbia, sui sassi dei costoni, potevamo guardarci  intorno in quella infinita distesa che ci  circondava, tra quella miriade di formazioni rocciose da capogiro. Ne avevamo visti di deserti, di dune, forse anche luoghi più pittoreschi, ma qui era un’altra cosa perché ci sembrava che la natura stessa ci sussurrasse un messaggio.. l’emozione è un dono… sentivamo  il piacere di esistere e proprio questa sensazione di esistere e di poter vedere diventava ad ogni passo più viva ed intensa, tanto che camminavamo quasi sfiorando il terreno per non rompere l’incanto di quei momenti.

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Attorno a noi le rocce avevano le forme più strane, intravedevamo un nave pronta per salpare, figure di animali mostruosi, una sequenza di donne velate, ci sovrastavano perché potevamo immaginare di tutto, ci trovavamo in una Angkor che l’uomo non aveva mai costruito, tra palazzi naturali, cesellati che emozionavano e nello stesso tempo suscitavano rispetto ed ammirazione. Quale architetto anche tra i più valenti sarebbe riuscito ad ideare simili meraviglie?  Dapprima questo paradiso naturale di rocce e sabbia aveva una colorazione rosata, rassicurante, poi man mano il giorno avanzava verso il crepuscolo, i faraglioni di roccia diventavano di un colore bruno, più intenso e l’atmosfera surreale acquistava un aspetto di “bellezza tenebrosa” giocavamo con le nostre ombre che si proiettava sulle pareti rocciose. 

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Poi dopo aver goduto del tramonto  con la nostra jeep abbiamo ripercorso l’uadi e salendo e scendendo sulle dune di sabbia, tremando di eccitazione se la discesa era troppo ripida, abbiamo ripreso la via del ritorno. La sera poi, nell’accampamento cenando e festeggiando intorno a un fuoco in  compagnia  dei beduini che ballavano cantavano e fumavano  il nerghilé, si viveva un momento magico di fraterna comunicazione. Eravamo liberi sotto un cielo stellato...quante stelle! E chi li ricordava più.  con le sole nostre voci che riempivano il silenzio della natura.. liberi di essere e di sognare quello che volevamo. Una magia. Lasciamo Wadi Rum e ci dirigiamo verso quello che si rivelerà una vera magia.


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PETRA
Uno dei luoghi più suggestivi  e più visitati del Pianeta. L’antica città giordana fondata dai Nabatei è rimasta nell’ombra fino al 1812 quando il viaggiatore svizzero Johann Ludwig Burckhardt, travestito da beduino, si imbatté in questo straordinario capolavoro di pietra. Il rosso della terra, il giallo e il verde della vegetazione contrastano meravigliosamente con i monumenti di ogni tipo, letteralmente scavati nella roccia. Tracce di una civiltà sparita nel nulla, quella dei nabatei, della quale restano: anfiteatri, tombe ed il famosissimo monastero di Petra. L'antica città di Petra, patrimonio dell'UNESCO, è una costruzione davvero unica: basti pensare che è stata costruita “al contrario”, ossia partendo dagli apici per poi giungere alle fondamenta..La nostra visita inizia dalle prime ore del mattino per non perdere i giochi di luce e di colori che l’alba sa regalare. All’ingresso del sito troviamo baracchine di souvenir definite “Indiana Jones gift shop” uno dei motivi per cui milioni di persone nel mondo desiderano visitare Petra.
Da subito siamo avvicinati da  beduini che ci invitano a visitare Petra a dorso di un cavallo o di un asino. Noi gentilmente rifiutiamo perché vogliamo scoprire e godere fino in fondo questo magico posto percorrendolo a piedi. 

Il percorso che inizia partendo da una vasta area aperta da subito lascia intravedere l'imponente Tomba degli Obelischi che è la prima delle tombe rupestri che caratterizzano tutto il sito. Procedendo in avanti arriviamo al Siq e qui vediamo già alcune persone in calesse di ritorno dalla città vecchia e sono solo le 8 del mattino. 

Ci addentriamo nel Siq, questa gola profondissima, stretta e tortuosa, scavata nella roccia che, complice anche quel poco di sole che filtra, diventa di mille colori, da rosa ad arancio a violacea. L’ingresso al Siq una volta aveva una porta monumentale, ad arco, di cui oggi rimangono solo i segni scavati nella roccia. Un uomo vestito da soldato nabateo ci invita ad entrare.

Lungo il percorso attraverso la gola incontriamo tombe rupestri, rappresentazioni della divinità nabatea Dusharà, ciò che resta di una carovana di uomini e cammelli scolpita nella roccia. Ad ogni curva cresce l’aspettativa, l’emozione, la tensione, continuiamo a scattare foto perché ad ogni angolo la luce cambia e vogliamo portare a casa tutto quello che ci colpisce comprese luci e colori. Dopo più di un km intravediamo la luce! Attraverso una piccolissima strettoia che si apre gradualmente, scorgiamo dapprima come un bagliore che mana mano prende forma fino a lasciare intravedere  in tutto il suo splendore il Tesoro che ha reso Petra celebre in tutto il mondo!

petra
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Nel 1985 è stata riconosciuta Patrimonio mondiale dell’Umanità dall’Unesco e, nel 2017, è entrata nella lista delle Sette meraviglie del mondo. L'ingresso all'antica Petra, dopo aver percorso il Siq, è qualcosa di magico ed emozionante. L’emozione è forte, quasi ci si commuove, perché per quante volte l’abbiamo vista in fotografia o in TV, quest’immagine dal vivo lascia in ogni caso senza fiato! Il Tesoro illuminato dal sole che contrasta col buio dell’ultimo tratto del Siq, la piazza gremita di gente e i dromedari che passeggiano… l’impatto è davvero molto forte, e ci lascerà sicuramente il segno. Inutile che descriva la facciata di questa meraviglia scavata nella roccia, che non è un tempio, non è un palazzo, ma…una tomba! L’interno è, infatti, una semplice stanza quadrata con delle nicchie nelle pareti. Ciò che colpisce dell’interno sono le venature della roccia: arancio, rosa e viola si inseguono e creano sfumature incredibili proprio perché del tutto naturali.

A questo punto procediamo all’esplorazione della capitale Nabatea, e per prima cosa ci inoltriamo nella Via delle Tombe. Parlo di esplorazione e non di visita, perché la nostra è una costante scoperta delle meraviglie che si incontrano ad ogni passo, un continuo guardarsi intorno estasiati, un voler procedere avanti cercando di scoprire quanto più possibile di ciò che ci circonda. Si apre davanti a noi il teatro, ovviamente scavato nella roccia, e perciò di uno splendido colore rosa. Il percorso brulica di gente: turisti, beduini con i dromedari, bambini con gli asinelli. Sicuramente si perde l’atmosfera magica che invece ci dovrebbe circondare, quell’atmosfera che ha fatto sì che il segreto di Petra rimanesse nascosto per tanto tempo.
Cominciamo la scalata verso le tombe probabilmente reali, splendidamente intagliate nella roccia, imponenti e maestose, che niente hanno da invidiare al Tesoro. La prima che incontriamo è la cosiddetta tomba dell’Urna, che in età bizantina fu trasformata in chiesa, e che davanti a sé ha una terrazza da cui si domina tutta la vallata. Seguono la tomba Corinzia, molto simile al Tesoro, ma non così ben conservata, e la tomba Palazzo, un po’ diversa dalle altre: non è coronata come le altre fin qui viste da un timpano spezzato con in mezzo una tholos o un’urna, ma ha una successione di 5 piani in cui quello superiore è sempre alto la metà di quello inferiore. Proseguiamo discendendo un sentiero che ci porta in un angoletto nascosto, in cui finalmente assaporiamo un po’ di pace: la folla dei turisti è lontana, non si avventura fino qui e noi possiamo goderci in tutta serenità, bucolica direi, la tomba rupestre di Sextus Florentinus, governatore di Petra che morì intorno al 129 d.C. La tomba è senz’altro più modesta delle tombe reali precedenti, ma mostra la volontà di non rompere con le tradizioni funerarie della città, nonostante l’iscrizione in latino ci faccia capire immediatamente chi è il personaggio cui siamo davanti. Dietro di noi, in lontananza, scorgiamo il villaggio di beduini che è stanziato all’interno del parco e sulla nostra sinistra vediamo un gregge di pecore in un riparo sottoroccia che un tempo fu una tomba. Scendiamo finalmente nella città nabatea, percorriamo una via colonnata che costeggia il torrente Wadi Musa. Sulla sinistra si apre il grande tempio, con i particolari capitelli a testa di elefante. Nel suo complesso era inserito anche un piccolo teatro, un odeion per le riunioni del Consiglio cittadino. Di fronte c’è il tempio dei Leoni alati, così chiamato per i suoi caratteristici capitelli.

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 Varcata una porta monumentale entriamo nel santuario del tempio di Dusharà, di cui si conserva in parte l’elevato, e che risulta pertanto decisamente imponente e in posizione un po’ soprelevata, per indicare l’ascensione verso il dio. Lo spiazzo antistante è un parcheggio di dromedari…Dobbiamo decidere se salire fino al monastero oppure no. Il caldo si fa sentire, per arrivare fino in cima occorrono minimo quarantacinque minuti. Prima di decidere ci riposiamo su alcuni sassi e osserviamo il via vai dei ragazzi che ci invitano a salire al monastero con il cavallo.  Decisione presa, si parte. Ci inerpichiamo per una stretta e tortuosa salita, a tratta costituita da scalinate intagliate nella roccia, costeggiando precipizi piuttosto profondi, cercando di scansare gli asinelli condotti da ragazzini beduini, che scendono a rotta di collo lungo questo sentiero che è l’unica via per salire. Ogni tanto ci voltiamo indietro, il paesaggio è mozzafiato: Lo sguardo spazia lontano, fino alla tomba Palazzo, che ora è lontanissima e minuscola. Quando giungiamo in vetta, non può non sfuggirci un “ Oooohhh che meraviglia!” Tanta fatica per arrivare fin a qui, ma ne è valsa la pena.

Il monastero, la cui sommità è sovrastata da una poderosa urna, su cui la gente può anche salire (a proprio rischio e pericolo! Qui non è ancora arrivata una normativa sulla messa in sicurezza dei siti archeologici…), è persino più grande del Tesoro, e di sicuro non lascia delusi! Ritorniamo sui nostri passi, ridiscendiamo la stretta e tortuosa via, poi rifacciamo indietro il percorso fino a tornare al Tesoro, che ora, non più  baciato dal sole, mostra la tinta rosa della roccia nella quale è scolpito. Ripercorriamo a ritroso il Siq e torniamo soddisfattissimi al nostro hotel, dove ci scambiamo le nostre impressioni. 

La giornata di oggi è stata lunga e intensa, siamo tutte e due decisamente provati, ma felice di quello che abbiamo visto e delle delle sensazioni provate.


 

 

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